I Mamuthones di Mamoiada le maschere del Carnevale Barbaricino

Visita Mamoiada sul Portale della Sardegna "Le Vie della Sardegna Partendo da Sassari"
Visita Mamoiada sul Portale della Sardegna “Le Vie della Sardegna Partendo da Sassari”

I Mamuthones di Mamoiada sono le maschere più famose della Sardegna. Essi portano una maschera facciale in legno di pero; un berretto tenuto da un fazzoletto di lana marrone legato sotto il mento; un abito di velluto scuro; la “mastrucca”, formata da quattro pelli di pecora dal pelo lungo e nero cucite insieme a formare una sorta di soprabito senza maniche; e “sa garriga”, un insieme di campanacci di dimensioni diverse legati sul dorso mediante una serie di cinghie di cuoio e un grappolo più piccolo di campanelle bronzee sospese sull’addome. I Mamuthones si muovono in gruppi di 12; li accompagnano gli Issohadores.

Campanacci Mamuthones

Questi indossano un giubbetto di panno rosso, calzoni di tela bianchi o di velluto scuro, uno scialletto di lana sui fianchi, la “berritta” tenuta da un fazzoletto variopinto stretto sul viso, una cintura a bandoliera con bubboli di ottone e una fune di giunco che lanciata con grande abilità serve a catturare quanti incontrano sul loro cammino. La presenza di queste maschere accompagna tutte le date canoniche del carnevale di Mamoiada, il cui inizio viene segnato proprio dalla prima apparizione dei Mamuthones, il 17 gennaio, in occasione dei fuochi che vengono accesi in tutti i quartieri del paese in onore di Sant’Antonio abate.

Maschera Mamuthones

Le maschere si recano dagli organizzatori dei fuochi che rimangono in attesa di questa visita per offrire loro vino e dolci. Proprio in questo momento può essere intravisto il significato più antico dei Mamuthones: presenze inquietanti e sinistre, mute ma capaci di spaventare chi all’improvviso le incontri per strada mentre sincronicamente muovono i campanacci provocando un alto frastuono; presenze aliene quali quelle che fin dall’antichità popolavano l’inverno delle comunità agrarie e pastorali del Mediterraneo, provenienti dal mondo degli inferi, quel mondo sotterraneo dal quale, con la conclusione della stagione fredda, avrebbe avuto ancora origine il miracolo della rinascita primaverile. Per questo motivo i contadini e i pastori attendono, accolgono e trattano bene queste presenze “altre”, e donano loro qualcosa in modo che, quietate e rese amiche, tornino al loro mondo ipogeo e proteggano le sorti della nuova annata agraria e pastorale. Accanto alle maschere più note sopra descritte, si segnala “Jubanne Martis”, un fantoccio il cui corpo è costituito da un barilotto di vino. La sera di martedì grasso, sistemato su un asino, viene menato per il paese da un gruppo di straccioni, “varzolos”, che offrono da bere agli astanti.

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La Redazione

Le Vie della Sardegna

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