Peppino Mereu: la poetica sociale ed esistenziale di uno ‘scapigliato’ sardo di Massimiliano Rosa.

Dopo la Montagna e il Torrone il terzo accostamento naturale a Tonara non può che essere Peppino Mereu (1872-1901), indimenticato poeta di tutti i sardi, che nella sua breve e difficile esistenza è riuscito a proporre ai posteri testi di rara sensibilità e bellezza. Con l’intento di raccogliere e pubblicare le opere del poeta si è costituita a Tonara, nel 1977, un’associazione, il Collettivo Peppino Mereu, che promuove il Premio di poesia che porta il suo nome e numerose pregevoli iniziative culturali.

Peppino Mereu: la poetica sociale ed esistenziale di uno ‘scapigliato’ sardo di Massimiliano Rosa

Peppino Mereu: la poetica sociale ed esistenziale di uno ‘scapigliato’ sardo.

Da piccolo percorrevo la strada che da Nuoro conduceva a Tonara.
Mio borgo natio. E viceversa.
La percorrevo con la mente.
Mi ero abituato a quelle sveglie fittizie di primo mattino e mi piaceva viaggiare al fresco e attraversare tutti quei piccoli paesi immersi nel verde adagiati sul percorso attraverso cui si raggiungeva il capoluogo barbaricino: Tiana, Ovodda, Gavoi, Ollolai, Orani, Sarule, Oniferi.
Tra Sorgono e Tiana, subito dopo il valico di S’isca e’sa mela (posto incantato ideale per i miei déjeuner sur l’herbe di ragazzino) la svolta mi conduceva idealmente per Tonara villaggio montano tra i più caratteristici e attraenti della zona.

Tonara panorama con la Chiesa di San Gabriele
Ho ancora nitidamente impressi nella mente i paesaggi profondamente suggestivi, le sue campagne lussureggianti.
Ho ripensato a queste piccole cose della mia infanzia (che possono aiutare chi non conosce i luoghi a inquadrare geograficamente il paese di Tonara mio borgo natio e mentre leggo le poesie di Peppino Mereu, il grande poeta tonarese che ha nobilitato l’arte poetica in lingua sarda, sospiro.
Pur non andando molto oltre i particolarismi letterari e le specificità formali che sono proprie dell’espressione poetica dialettale sarda, l’opera di Peppino Mereu andrebbe apprezzata per i suoi contenuti universali ancora validissimi e non soltanto per la capacità intrinseca delle composizioni poetiche di rappresentare gli aspetti sociali ed economici della Sardegna e della Barbagia del tempo in cui furono scritte.
Mereu era particolarmente  legato a Tonara.
Come me.
Come tutti i tonaresi.
Il suo era un rapporto viscerale e simbiotico, espressione di un amore totalizzante per i luoghi e le ricchezze naturali di cui è dotato il piccolo centro montano.
In una delle sue poesie più conosciute, quella, appunto, intitolata al suo paese natio, Mereu, dopo aver definito Tonara cara, santa e benedetta dalle muse, descrive così il paesaggio che è tipico dei luoghi che lo hanno visto venire al mondo:

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‘Majestosas muntagnas/fizas de su canudu Gennargentu,/ch’in sas virdes campagnas/sas nucciolas bos faghent ornamentu;/seculares castagnas/chi supervas alzades a su bentu/virdes ramos umbrosos,/dulche nidu de cantos pibiosos://semper bos sogno, vanu/però est custu sognu, it’amalgura!’

Tonara sorgente in località Muggianeddu.

Con inusitata capacità di sintesi, venati dall’amara malinconia dell’uomo che per un motivo o per un altro è costretto a stare lontano dal proprio paese, i versi rappresentano gli aspetti più immediatamente percepibili, quelli naturalistico-ambientali, di un villaggio e di un territorio intero che mai hanno goduto di fortune turistiche nonostante siano, la circostanza è ben conosciuta dai sardi, tra i più ameni e caratteristici dell’isola di Sardegna.
Se nell’ambito dell’opera di Mereu Tonara fa spesso da sfondo,
tuttavia il poetare di Peppino non si limita alla celebrazione in versi del tanto amato paese natio.

Panorama di Tonara.

L’opera di Mereu, infatti, è molto più complessa di quanto possa sembrare a un primo superficiale approccio. Vale la pena dilungarsi sugli elementi biografici, storici, letterari e contenutistici che hanno permeato di sé l’opera del tonarese.
Essi hanno contribuito a determinare l’alto spessore della scrittura di questa singolare figura di poeta cantastorie di cui nel 2016 ricorrono i 144 anni dalla nascita.
La tormentata vicenda esistenziale di Peppino Mereu è in larga parte leggendaria e avvolta nel mistero. Sono pochissime le notizie certe e incontrovertibili che riguardano la vita e la morte del poeta.
I dati di sicura veridicità, tutti desunti da archivi pubblici, concernono le date di nascita e di morte del poeta, la composizione della sua famiglia, il servizio prestato presso l’Arma dei carabinieri reali e quello, piuttosto breve, prestato presso il Municipio di Tonara.
Quarto di sette fratelli (i loro nomi sono Edoardo, Manfredi, Elvira, quello di mezzo Peppino, appunto, Matilde, Rinaldo ed Emilia) Giuseppe (Peppino), Ilario, Efisio, Antonio, Sebastiano Mereu venne alla luce a Tonara nel primo giorno di Gennaio del 1872. Perde entrambi i genitori prematuramente: la madre Angiolina Zedda muore a Cagliari nel 1887, il padre Giuseppe, medico del paese, nel 1889, per aver ingerito erroneamente una sostanza letale scambiata per liquore.
Alla morte del padre Peppino ha diciassette anni.
Si ipotizza una sua frequentazione scolastica fino alla terza elementare; essendo Tonara villaggio sfornito di scuole in quei primi lustri postunitari, si propende generalmente per la tesi della formazione del tutto autodidattica del poeta.
Che il poeta disponesse comunque di una formazione lo possiamo desumere dalla lettura dei suoi versi.
Nello specifico, leggere l’opera poetica di Mereu porta ad avvicinarsi confidenzialmente al suo raffinato verseggiare, alle riflessioni in certo qual modo ‘filosofiche’ a cui il poeta si lascia andare quando affronta argomenti di portata universale come le sofferenze che fanno parte dell’umana esistenza e la morte e la giustizia, alla ricchezza descrittiva con la quale egli, con ricercato linguaggio, raffigura gesti e circostanze, comportamenti e particolari aspetti della quotidianità delle persone che abitano l’amato villaggio.
Che dovesse aver letto molto e non solo in lingua sarda è inoltre dimostrato da alcune influenze letterarie che Mereu, uomo dei suoi tempi, ha trasfuso nei suoi versi.
Ciò è accaduto soprattutto nelle composizioni poetiche in cui il tonarese affronta argomenti di interesse più generale, in quelle più ‘contestatarie’, per esempio, in quelle, poi, che documentano l’approccio particolarmente commosso e critico del poeta nei confronti delle difficoltà esistenziali dei meno fortunati, del potere costituito e di una giustizia che gli appare sempre poco giusta. Queste influenze per cosi dire ‘esterne’, vengono ricondotte agli scritti dei poeti della scapigliatura, alle poesie di Olindo Guerrini (pseudonimo di Lorenzo Stecchetti) e, per altri versi, a Giuseppe Giusti, poeta satirico toscano vissuto tra il 1809 e il 1850, il cui stile può essere facilmente rinvenuto in alcune delle poesie meno intime di Peppino, in quelle più irriverenti, pungenti e goliardiche nei confronti della politica e del potere. Le sue liriche più belle per me sono quelle dello sperimentalismo linguistico di A iscola.. dove fonde e denuncia l’interferenza linguistica tra l’italiano e la lingua madre dei sardi, e la scarsa propensione dei bambini sardi a rispettare l’assolvimento dell’obbligo scolastico.
La maestra buffamente compone un appello in lingua italiana e le risposte delle alunne ridicolizzano quel modus adagiandosi all’uso della varietà madre. Le ultime quartine espresse in italiano regionale fanno da suggello a questo percorso mentale di ragionamento linguistico reale.
Che rispecchia una verità assoluta ed un principio linguistico che afferma che due lingue così profondamente diverse seppur sorelle entrando in contatto sviluppando situazioni di conflitto e di ipercorrettismo.
La giustizio sociale dell’ultima quartina si risolve nella liberatoria della vox populi di assecondare l’uso e la consuetudine di non andare a scuola e di dare poca importanza alla figura istituzionale scolastica. Ancora di più emerge la sua modernità e il suo scapigliatismo sardo in alcune liriche come Ninna nanna a S’infantinu dove il Mereu rovescia il topos tipico delle ninne nanne …. anninnias sarde esprimendo sentimenti reali sofferenti e mai narrati da parte di una madre che allatta e culla il figlio frutto di un amore obbligato non voluto.

Tonara una strada del paese.Questa ninna nanna di dolore e privazione si trasferisce nel bambino che sorprendentemente con una astuta operazione stilistica del Mereu nell’ultima quartina sconvolge il lettore facendogli capire che è lui il figlio amato e odiato colui che trasferisce i sentimenti di astio e smarrimento della madre al proprio padre naturale.
Un amore che uccide. Tema moderno esaminato dal Mereu 150 anni fa.
Molto più semplice scrivere una anninnia di buona fortuna e di buon auspicio, tipica dei modelli operativi delle liriche sarde piuttosto che un tema capovolto veritiero e inenarrabile. La sua denuncia sociale diviene arguta. In liriche come Su canarinu a Su rettore. O in Nanneddu Meu per l’appunto il cui titolo esatto è a Nanni Sulis. Suo amico fraterno.
Diventa dolore opaco e introspezione da poeta maledetto la lirica de Su Testamentu dove si immagina morto e dispone il futuro delle sue spoglie mortali.
Prevedendo umori situazioni e ipocrisie che sentiva di non possedere e che poteva denunciare solo scrivendole, cantandole o dando voce ai suoi luoghi, come alla fonte di Galuse’, che esprime direttamente il pensiero del poeta e lo autodescrive.
E narra di ingiustizie sociali. Assolute.
Permettendo di far venire a galla una verità spesso nascosta dal perbenismo dalle ingiustizie sociali e dalla ipocrisia di chi dovrebbe predicando bene avere comportamenti etici irreprensibili che non sono però quelli dell’animo umano, tumultuoso tormentato e spesso contraddittorio.

Massimiliano Rosa

Massimiliano Rosa Scrittore Sardo

Ringrazio il mio amico Massimiliano Rosa,

Scrittore e Linguista,

per il contributo che sta dando al Portale

Le Vie della Sardegna

per la divulgazione della storia e della cultura della nostra Isola sul web.

Grazie. Silvia Sanna

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