La stagione espositiva al Centro Exmà prosegue con due mostre inedite: Colorpietra con opere di Antonello Ottonello e Variazioni con lavori di Marcello Simeone dal 15 marzo al 12 aprile 2015.
COLORPIETRA
Personale di Antonello Ottonello
VARIAZIONI
Personale di Marcello Simeone
Centro Comunale d’Arte e Cultura Exmà
Cagliari 15 marzo – 12 aprile 2015
La stagione espositiva 2015 del Centro comunale d’arte e cultura Exmà prosegue con due mostre inedite: Colorpietra con opere di Antonello Ottonello ispirate al mondo minerario sardo e Variazioni con lavori di Marcello Simeone dedicati alle Variazioni Goldberg, composte da Johann Sebastian Bach fra il 1741 e il 1745.
L’appuntamento è per domenica 15 marzo 2015 a partire dalle ore 11 con la presentazione delle mostre e l’apertura al pubblico.
Tutte le mostre sono realizzate in collaborazione con il Consorzio Camù e saranno visitabili sino al 12 aprile, con orario di ingresso dalle 9 alle 20 (chiuso il lunedì).
Sponsor dell’iniziativa sono le Cantine di Dolianova e Le Plus Bon.
Colorpietra
La mostra costituisce la conclusione di un lungo ciclo creativo, cominciato nel 1993, ispirato al mondo minerario sardo, in particolare a quello sulcitano, di fondamentale importanza per l’artista, in prospettiva sia estetica sia sociale e umana. Saranno esposte oltre trenta opere, per la maggior parte inedite, realizzate nel corso degli ultimi anni, concepite per valorizzare le proprietà materiche e cromatiche delle sabbie e delle pietre di scisto di provenienza mineraria. Si tratta di composizioni, articolate in differenti forme, dimensioni, supporti, che saranno allestite sia a parete, sia a terra, su appositi supporti, in dialogo reciproco tra loro e con lo spazio della Sala delle Volte. Alcune tra queste composizioni sono state pensate per essere coperte da un sottile specchio d’acqua, attraverso il quale far risaltare i toni naturali degli ocra, dei grigi, dei marroni, di rossi che conservano la memoria e l’energia di metamorfosi millenarie. La mostra sarà accompagnata da un catalogo con fotografie di Giorgio Dettori e testi di Simona Campus.
Biografia Antonello Ottonello
Antonello Ottonello è nato a Cagliari il 13 giugno 1948. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico di Cagliari si è diplomato nel 1974 all’Accademia di Belle Arti di Roma. Le sue prime esperienze lavorative si sono svolte nel mondo del teatro, come scenografo, costumista e attore della compagnia di Mario Ricci. Negli stessi anni intraprende il suo percorso artistico che risente fortemente delle esperienze teatrali. Gli elementi principali delle prime opere sono le stesse tarlatane usate per le scenografie, talvolta di proporzioni gigantesche, a riecheggiare sipari, e intrise di colori accesi. Rientra in Sardegna nei primi anni ‘80. Nel 1989 la Galleria Comunale d’Arte di Cagliari, in occasione della riapertura a seguito dei lavori di ristrutturazione, dedica all’artista una personale delle sue Tarlatane. Lo stesso anno partecipa alla collettiva di grafica presso l’Hotel de Ville di Strasburgo, La memoire et les images. Nel 1992 Ottonello partecipa all’Expo di Siviglia, nell’ambito di Cerdeña Isla de Colores, con un opera ispirata al mondo minerario, cui sarà dedicata, nel 1993, la personale Ingurtosu. Da quel mondo attinge materiali (carbone, minerali, pietre) e suggestioni (gli edifici dell’archeologia industriale) che si traducono in opere di grande forza espressiva. Negli ultimi anni, la ricerca materica unita alla riflessione ecologista lo hanno portato a utilizzare (e, letteralmente, a ricercare) elementi espressivi della terra in cui vive, i colori naturali, le piante ma anche la sabbia, le polveri o gli scarti di miniera. Le tinte utilizzate contengono solo pigmenti naturali e le sue opere riflettono la preoccupazione per il rapido mutamento climatico, per la progressiva e inesorabile desertificazione. E allora dalle spaccature della terra emergono piante cactacee, le cui spine trafiggono la juta, in cuscini su cui nessuno potrà dormire, o riuniscono lembi di tele strappate. Ottonello, attualmente, vive e lavora a Cagliari.
Mostre
2014 – Cagliari, Colorpietra. Ex-Ma
2014 – Cagliari, Aspettarsi. Fondazione Bartoli Felter
2013 – Cagliari, Rex, omaggio a Fellini. Fondazione Bartoli Felter
2011 – Iglesias, Valigiemmigrazioni. Teatro Lirico
2010 – Cagliari, Valigiemmigrazioni. Spazio Arte
2009 – Cagliari, Ritratto /autoritratto.Teatro Lirico
2008 – Cagliari, “Ingurtosu 8”,Sa Illetta
2007 – Cagliari, Saldi, Installazione. Cripta di S. Restituta
2006 – Carbonia, Biblioteca Comunale, “Ingurtosu 4”,
2005 – Londra, “Celebration”
2004 – Cagliari, Teatro Lirico, “Ottonello”
1998 – Viterbo, Galleria On-Off Art Industry, Maestri e maestre
1997 – Cagliari, Spazi culturali AICS. Notti ad arte (Installazione)
1995 – Taormina, Palazzo Cortassa. “Tutte le madonne del mondo”
1995 – Cagliari, “Mattonello”, Intergrafica
1995 – Terracina, Sala Valadier. “La porta di Duchamp”
1994 – Roma, Politecnico. “Eventualmente … ponderabilmente” (Installazione)
1992 – Siviglia, Cerdeña Isla de colores. “Expo ‘92”
1993 – Cagliari ,Galleria Capidepoche. “Ingurtosu”
1993 – Cadaquès, Galleria Carlos Lozanos. Collettiva di pittura
1993 – Roma, Caffè Latino, “Scultura”
1991 – Trento, Palazzo Trentini.“Sardegna allo specchio”
1990 – Cagliari e Gubbio.Galleria Arte Duchamp. Arte in-utile
1990 – Cagliari, “Intergrafica”
1990 – Sassari, Centro Documentazione Arti Visive, Novissima
1989 – Cagliari, Galleria Comunale d’Arte, Personale di pittura
1989 – Strasbourg, Hotel de Ville. “Le mémoires et le images”
1988 – Cagliari, Galleria Comunale d’Arte, “Segni d’autore in Sardegna”
TESTO CRITICO di Simona Campus
Colorpietra porta a compimento una narrazione intorno al mondo minerario, cominciata con la mostra Ingurtosu del 1993, cui Antonello Ottonello ha dedicato il proprio impegno per oltre un ventennio, attraverso numerose esposizioni e innumerevoli opere, facendone uno tra i cardini fondanti della sua ricerca. E se la miniera sovente aveva suggerito riflessioni e iconografie agli artisti sardi, nel corso del XX secolo, soprattutto quando particolarmente tese erano le lotte e le rivendicazioni, per Ottonello ha progressivamente assunto ‒ come forse soltanto, prima di lui, per Foiso Fois ‒ l’importanza e le prerogative di una prospettiva estetica, sociale e umana insieme, radicata nella storia collettiva ma anche nei ricordi e nelle esperienze personali. Fino a questo preannunciato e intenso epilogo, che aprendo ad altre prospettive, presenta caratteri inediti di ulteriore suggestione. Nel mondo minerario Ottonello ha riconosciuto forme d’elezione, naturali e artificiali: poiché la sua, s’intuisce, vuol essere un’arte di conoscenza profonda, non di mera invenzione; di ragioni del cuore, avrebbe detto Pascal, che poi sono ragioni per non tacere delle iniquità, magistralmente sintetizzate nella sofferenza e nella dignità delle Valigie e delle Camicie, parte della grande mostra al Teatro Lirico di Cagliari, nel 2010. Nel mondo minerario ha incontrato carbone, scarti di lavorazione, sabbie e pietre, moltissime pietre: poiché la sua, si sa, vuol essere un’arte materica. Dai materiali, resi strumenti dell’espressione – si ricordino, nella complessità della sua produzione, oltre alle tarlatane e alle terrecotte, le cortecce, i legni e le spine d’acacia, rispettosamente raccolte soltanto nella stagione adatta ‒ nascono le composizioni, simili a concrezioni accuratamente disposte e modulate, con un’anima organica. Le composizioni di Colorpietra, realizzate in anni recenti, hanno la raffinatezza di pitture astratte dipinte con le sabbie e con le pietre di scisto. I colori si offrono allo sguardo e alla sensibilità, rigorosamente, senza alcuna alterazione, senza alcun intervento da parte dell’artista, che non reclama il compito di modificare la natura, ma di preservarne la bellezza, in un coincidere di etica e armonia. Eppure, ovviamente, in natura, i colori non sono sempre uguali a se stessi, variano col variare della luce e col rifrangersi della luce sull’acqua, nel modo in cui già sapevano quei rivoluzionari ottocenteschi ai quali fu dato nome di Impressionisti. Così Ottonello prevede che alcune di queste composizioni siano coperte da un sottile specchio d’acqua: vivificate, restituiscono tutte le vibrazioni cromatiche degli ocra, dei grigi, dei marroni, di rossi che conservano la memoria e l’energia di metamorfosi millenarie. Diventando spazio, tempo, paesaggio.
Variazioni
La mostra, curata da Simona Campus, si articola in due parti, rispettivamente nella Sala della Terrazza e nella Sala della Torretta, e presenta un corpus di opere, finora inedite, rappresentative della recente ricerca artistica di Marcello Simeone. Si tratta di lavori realizzati con materiali inusuali ‒ vecchi copertoni di bicicletta, cerniere zip, vetro di Murano, cui l’artista sa restituire nuova vita e un’inaspettata coerenza estetica – ispirati alle celebri Variazioni Goldberg, composte da Johann Sebastian Bach fra il 1741 e il 1745. Nelle opere esposte in Sala della Terrazza Simeone ha reso complementari i materiali all’immaterialità della musica: grazie agli impulsi di un software appositamente progettato dall’interactive designer Giulio Lai, l’artista ha transcodificato in vibrazioni di luce l’Aria dalla quale le Variazioni prendono avvio, facendo in modo che la luce intersechi in particolare la trasparenza cangiante del vetro. Ulteriori e differenti Variazioni si trovano nella Sala della Torretta, dove la semioscurità della Sala della Terrazza lascia il posto alla luce naturale e diffusa: il vetro è ancora protagonista, qui insieme a superfici specchianti, che moltiplicano i riflessi potenzialmente all’infinito.
Biografia Marcello Simeone
Diplomato in pianoforte, Marcello Simeone per anni ha insegnato musica nelle scuole. Parallelamente, ha maturato conoscenze e competenze relative alle arti visive e plastiche, coltivate anche attraverso la visita a tutte le edizioni delle Esposizioni Internazionali della Biennale di Venezia. La passione per la contemporaneità e un crescendo di curiosità, stimoli, idee sull’oggi lo hanno infine condotto a lavorare, oltre che con i tasti del pianoforte, con oggetti, materiali, colori, e a intraprendere un nuovo racconto, per immagini. La sua ricerca, insieme alle relazioni sinestetiche tra arte visiva e musica, indaga le prerogative e le potenzialità materico-cromatiche, a partire dall’utilizzo della lana, e si concentra sull’individuazione di sempre rinnovati equilibri compositivi. La sua dimensione creativa è profondamente radicata in Sardegna ma costantemente ricettiva nei confronti di differenti orizzonti culturali. La lana costituisce il filo conduttore, che individua una possibilità di conciliazione tra la preziosa eredità del patrimonio artistico e artigianale della nostra isola e la contemporaneità globale, anche tecnologica. Senza dimenticare che la contemporaneità significa principalmente contaminazione della propria storia e della propria identità con le storie, le identità, le culture di altre persone e di altri popoli. Infatti, nelle opere di Simeone la lana viene tessuta e intrecciata con materiali eterogenei: può trattarsi di oggetti poveri, trovati sulla spiaggia, giunti da chissà dove e recuperati con finalità estetica, oppure elementi plastici e metallici, quali ruote dentate e catene di trasmissione; peculiare originalità assume l’utilizzo della gomma dei copertoni di bicicletta, delle cerniere zip, del vetro di Murano. Ha tenuto personali e partecipato a mostre collettive in Italia e all’estero. Marcello Simeone, le cui opere nascono per interagire con i luoghi fisici ed estendersi agli spazi virtuali, con un interesse costante ai meccanismi e alle potenzialità della moderna comunicazione, è inoltre l’ideatore del progetto Occupy w.c., che porta l’arte nei bagni pubblici, facendone luogo ideale per innescare reazioni e suscitare un dialogo tra le persone. Ogni installazione dentro le toilette rimanda, attraverso i codici qr, al sito del progetto e ai suoi contenuti, plurali, condivisi, partecipativi. Occupy w.c. ha già coinvolto i bagni di numerosi aeroporti in Europa e di musei internazionali, rendendo evidente la presa di posizione contro una concezione elitaria e non inclusiva della cultura, contro le regole che governano il sistema e le degenerazioni del mercato dell’arte. Dalle toilette della Biennale di Venezia ha lanciato una discussione approfondita e antiretorica in occasione della 14. Mostra Internazionale di Architettura. Attualmente Occupy w.c., che ha ottenuto significativa attenzione anche in Sardegna, è presente al Teatro Massimo di Cagliari.
TESTO CRITICO di Simona Campus
Intime relazioni tra visualità e musica, unite all’inclinazione per la materia umanizzata, vissuta, sono i cardini intorno ai quali si fonda la ricerca artistica di Marcello Simeone, così come essa si rivela nelle opere, inedite, esposte in mostra. Opere in cui la lana, filo conduttore profondamente radicato nella nostra identità, si fa metafora di comunicazione e condivisione, intrecciandosi con altri materiali, altre culture: copertoni di bicicletta che, non più utilizzabili per la loro normale funzione, esibiscono fregi come fossero antichi bassorilievi; cerniere zip provenienti dalla Cina, paese divenuto paradigma di serialità industriale, paradossalmente ancora lontano e misterioso; vetro di Murano, foggiato con maestria artigianale là dove l’Occidente ha splendidamente incontrato l’Oriente. Opere materiche, dunque, ciascuna con una storia, con tante storie racchiuse dentro, concepite per carpire all’immaterialità della musica ‒ in un’eloquente complementarietà tra gli opposti ‒ non semplici spunti descrittivi, ma sinestesie. Che le sinestesie rechino con sé estremo fascino è cosa risaputa ‒ sinestesia significa, in fondo, un rimescolarsi di sensi – almeno dal momento in cui, per limitarci alla modernità, Isaac Newton decise che sette dovevano essere anche i colori dello spettro solare. E se tra i compositori fu Mozart, soprattutto, ad asserire la possibilità di percepire i colori dei suoni, sul secondo fronte correrebbe l’obbligo di citare Klimt e Kandinskij, antesignani di una gran messe di sperimentatori, impegnati a scandagliare le interazioni tra linguaggi espressivi. Alla fine degli anni Venti, di «musica visuale» si occupava il regista tedesco Oskar Fischinger, celebre per aver sincronizzato nei suoi cortometraggi forme astratte e brani classici, con il supporto di un’aggiornata tecnologia. L’innovazione tecnologica, sentita complementare all’identità, illumina, letteralmente, la complementarietà di materia e immaterialità in questo corpus di lavori per i quali Simeone ha “guardato” ad uno dei più grandi monumenti della musica di tutti i tempi: quelle Variazioni per clavicembalo universalmente conosciute con il nome, apocrifo, di Goldberg, composte da Johann Sebastian Bach fra il 1741 e il 1745, ineguagliabili in perfezione tecnica e portata emotiva. Grazie agli impulsi di un software appositamente progettato dall’interactive designer Giulio Lai, l’artista ha transcodificato in vibrazioni di luce l’Aria dalla quale le Variazioni prendono avvio; la luce interseca la trasparenza del vetro disposto in colonne, i cui moduli cromatici ‒ referente pittorico sembrano essere i dipinti dello statunitense Morris Louis – rendono visibile la simmetria intrinseca ai trentadue elementi del capolavoro di Bach. Elementi che, infatti, in virtù di una similitudine architettonica, sono stati paragonati alle parti di un complesso colonnato. Ulteriori e differenti Variazioni si trovano nella Sala della Torretta, dove la semioscurità della Sala della Terrazza lascia il posto alla luce naturale e diffusa. Di nuovo il vetro protagonista, che adesso fa capolino tra superfici specchianti: attraverso gli specchi, insegnano sia Lewis Carroll sia Michelangelo Pistoletto, le nostre esistenze entrano nel regno dell’immaginazione, mentre consentiamo che il regno dell’immaginazione entri nelle nostre esistenze. Sugli specchi i riflessi sono potenzialmente infiniti, e niente più delle armonie di Bach risponde all’anelito d’infinito nascosto in ognuno di noi. Niente più della musica e dell’arte può renderci tollerabile la vita, con l’idea della morte. Per questo chi già è andato via ha lasciato un pentagramma, sul quale devono ancora scriversi le note più belle.
Consorzio Camù
c/o Centro Comunale d’Arte e Cultura Il Ghetto
via Santa Croce, 18, 09124 Cagliari
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