Ecco la leggenda che ispirò Maria Lai oltre trent’anni fa nella realizzazione di una delle sue più spettacolari opere d’arte.
LA LEGGENDA DEL NASTRO COLOR DEL CIELO
“La bambina salì sulla montagna. Nella bisaccia aveva il pane appena sfornato da portare ai pastori, bloccati da un temporale.
Dopo una lunga camminata li trovò, al riparo in una grotta con il loro bestiame. Fuori pioveva, c’erano vento e lampi.
La piccola consegnò agli uomini il pane preparato dalle donne. Guardò all’esterno e vide un nastro celeste trasportato dal vento. I pastori cercarono di trattenerla: non è niente, sarà un fulmine, dissero senza darle troppa importanza.
Ma la bambina corse fuori alla ricerca del nastro. In quel momento la grotta franò seppellendo pastori e bestiame.”
“Legarsi alla montagna. Tela celeste. Nastro celeste. La leggenda diventa realtà, vita vissuta. Come la bambina rifugiatasi nella grotta, la comunità di Ulassai si salva dal crollo della montagna ritrovando le proprie radici etniche e la propria memoria storica. Questa volta, il nastro celeste non viene da chi sa dove, ma è offerto da un’artista che è nata qui e a questo luogo è rimasta profondamente legata, anche se ora vive lontano. Ma poi è stato l’intero paese a ricostruire una rete di relazioni legando casa a casa, porta a porta, finestra a finestra e soprattutto persona a persona superando nell’evento estetico del Legarsi alla montagna rancori e inimicizie e diffidenze remotissime. Forse che il grande sogno ad occhi aperti dell’arte moderna di cambiare la vita si è realizzato, sia pure una volta soltanto, proprio qui, in questo luogo lontano dove i nomi prestigiosi dell’avanguardia artistica non sono altro che nomi? Credo di sì: qui, l’arte è riuscita là dove religione e politica non erano riuscite a fare altrettanto. Ma c’è voluta la capacità di ascolto di Maria Lai che ha saputo restituire la parola a un intero paese e rendersi partecipe della memoria e dei fantasmi della gente comune, aiutandola a liberarsi della parte distruttiva di sé e ad aprirsi con disponibilità nuova al colloquio e alla solidarietà.”
Filiberto Menna, Roma, 1982
Da questa antica leggenda tramandata dai pastori del suo paese, Ulassai, Maria Lai, nata nel 1919 e morta nel 2013, la più grande artista sarda del novecento, prese ispirazione oltre trent’anni fa per la realizzazione di un’opera d’arte davvero spettacolare: legò il borgo alla roccia con chilometri di nastro azzurro. Se quel pezzo di stoffa della leggenda aveva indicato la via della salvezza alla bambina, allora poteva salvare il paese dalla sua incombente e franosa montagna, il picco di Tisiddu.
E forse – aggiunse Maria Lai in una delle sue interviste – legandoci tutti insieme ci si potrebbe salvare dalle minacce di guerra.
E’ un legame stretto quello tra l’Ogliastra e le sue montagne. C’è il Gennargentu, ci sono i Supramonti, di Urzulei e di Baunei, con la solitaria chiesetta e le cumbessias di San Pietro e la voragine di Su Sterru nel Golgo.
Ma soprattutto ci sono i tacchi, torrioni di calcare che dominano il paesaggio, spesso si affacciano sul mare, spaziando da Baunei a Tortolì con Capo Bellavista e le rocce rosse di Arbatax, da Tertenia a Bari Sardo con l’altopiano di Tecu e i faraglioni di Cea, regalando uno tra i più emozionanti panorami di tutta l’Isola.
Un bel giorno
un Dio distratto
incontrò Maria Pietra
lungo la strada tra
Santa Barbara e Ulassa.
Quass’ù è bellissimo
-le disse-
ma se ti distrai rischi di ruzzolare giù
fino al mare di Tortolì.
Procurami un ago
grande e magico
– rispose lei_
cucirò queste rocce di montagna
agli scogli di quel mare
così nessuno potrà farsi del male
neanche l’animaletto più piccolo.
Il Dio distratto
le consegnò l’agho
e Maria Pietra fece ciò che doveva fare:
il paesaggio.
Carlo A. Borghi
Sono basiliche di roccia, retaggio del Giurassico. Sono il suo simbolo, il suo cuore antico, regno di aquile e mufloni. Sa Sartàina, Monte Corongiu, un partenone di 1000 metri dove fu trovata una fucina nuragica, Perda Liana, solitaria e imponente, il paradiso verde di Montarbu a Seui. È davvero uno degli itinerari da non perdere anche per quei visitatori che trascorrono le giornate sulla splendida costa ogliastrina. La strada da Perdasdefogu a Ierzu e Osìni è una delle più belle d’Italia: tra gole e castelli di pietra, boschi di lecci ed essenze mediterranee di rosmarino, erica, corbezzolo, offre uno scenario di grande suggestione. Da questi picchi si domina l’anfiteatro Ogliastra, con il suo splendido mare, e con le sue vigne strappate alla montagna.
Capriole piroette
e giravolte
tutto per farsi notare
da quel Dio distratto
tanto amato e ricamato.
Così Maria Lai ha fatto
il resto è
olio di parole
miele amaro in bocca
pane.
Carlo A. Borghi
