Alimenti di Sardegna: Viaggio storico ed enogastronomico nella più bella Isola del Mediterraneo.
Alimenti di Sardegna
LA STORIA Sin dagli albori della sua civiltà, la Sardegna fu meta favorita dei popoli navigatori che solcavano il Mediterraneo alla ricerca di materie prime e di nuovi sbocchi commerciali. Per molti secoli quest’isola millenaria ha fronteggiato, con straordinaria forza identitaria, i popoli incursori, risentendo in parte delle inevitabili influenze culturali ma difendendo e conservando i suoi valori più autentici, pur arricchendosi in un multiforme e ampio patrimonio di saperi, usi e tradizioni. Segni tangibili di questa capacità di autoconservazione sono rintracciabili nell’ambiente naturale, sociale e culturale dell’isola che nei secoli ha mantenuto caratteristiche di grande unicità. Nell’immaginario collettivo la Sardegna evoca memorie antiche, sensazioni, profumi, gesti, suoni che, scolpiti nel tempo sopravvivono e giungono a noi intatti. Questa forte identità la ritroviamo nella cultura materiale, nel cibo, nell’antica ritualità e nelle tradizioni che gli abitanti di quest’isola continuano a conservare con instancabile e rigorosa fedeltà. I territori sardi, con la loro grande ricchezza culturale sfidano così la globalizzazione. Viti, olivi, pascoli, seminativi insieme al lavoro agricolo dell’uomo segnano la trasformazione dei territori, mantenendone la riconoscibilità nel tempo e marcandone l’identità, il carattere visibile collettivo e la peculiarità. In un’era in cui il consumismo, in un assalto sempre più pressante, induce e suggestiona verso prodotti industriali tutti simili nella forma, nel colore e nel sapore, in quest’isola, a tratti aspra ma più spesso ospitale e generosa, permangono ancora elementi specificamente locali, fortemente caratterizzanti. Sono i nostri formaggi a latte crudo, i vini da vitigni autoctoni, gli oli extra-vergini d’oliva, i mieli monoflorali, i pani cerimoniali e artistici, le paste artigianali, i dolci tradizionali e tutti quei prodotti frutto di un lavoro prezioso e sapiente che diventa arte nel più rigoroso e accurato rispetto della tradizione.
Seduti in circolo, per terra, i convitati mangiavano
su taglieri di legno e su pezzi di sughero:
per posata portavano i coltelli affilati e niente
altro. Più che il vino, il miele, raffreddatosi ma
non del tutto, condiva il pranzo, in esso
immergevano le bianche fette del formaggio
fresco, il formaggello arrostito, le lattughe, il
pane e persino la carne.”
Grazia Deledda – tratto dalla novella “L’assassino degli alberi”.
OLIVE E OLIO EXTRA VERGINE OLI DI OLIVA
La pianta dell’olivo, così come l’olivastro selvatico, cresce in tutta l’isola ed è una caratteristica affascinante e diffusa del suo paesaggio. Gli oliveti in Sardegna coprono più di 40.000 ettari del territorio isolano, tra coltura specializzata e promiscua, sia sulle pianure che nelle zone collinari, nelle diverse condizioni pedoclimatiche. La produzione olivicola regionale, oltre 500.000 quintali, è dedicata quasi esclusivamente alla produzione di olio extravergine di oliva, con un rendimento medio annuo di circa 90.000 quintali. Anche se gli oliveti si trovano in tutto il territorio dell’isola, tendono a concentrarsi in alcuni distretti. Nel Cagliaritano ci sono tre aree principali di coltivazione delle olive: il Parteolla, intorno Dolianova; Monte Linas intorno Gonnosfanadiga e Villacidro, e il Sulcis. Le varietà più comunemente coltivate, che produco sia olive da olio che olive da tavola, sono la Tonda di Cagliari, la Nera di Gonnos, la Nera di Villacidro e la Pitz’e Garroga. Eccellenti oli di oliva extra vergini provengono da queste varietà, con sapori leggermente fruttati di oliva e gusto delicato, particolarmente bene-abbinato a piatti delicati di sapore e ricette di pesce.
Il Sassarese, l’area di Sassari vede la predominanza della varietà Bosana che è anche la più diffusa in Sardegna. Qui, la due zone olivicole principali sono la Nurra, tra le città di Alghero e Sassari, ed i territori di Ittiri, Sorso e Sennori, dove si sono sviluppate importanti strutture per le principali operazioni di trasformazione e di commercializzazione. L’olio extra vergine di oliva di queste zone ha la caratteristica impronta del gusto della Bosana: un fruttato intenso di oliva con sentori erbacei, con gusto fresco, leggermente amaro, piccante e con note, di carciofi e cardi. I territori più internie della Barbagia, Baronia, Marghine e Planargia si caratterizzano anch’essi per la coltivazione della varietà Bosana e in misura minore della Nera di Oliena o Ogliastrina. Gli oli provenienti da queste zone sono intensamente fruttati, con un sapore piccante amaro e complessive note erbacee.
Le aree olivicole di tutto Oristano sono concentrate lungo la costa e nelle zone collinari del Montiferru, in particolare nelle campage di Cuglieri e Seneghe, sede di un importante concorso di olio extravergine nazionale. Le varietà coltivate in questa zona sono soprattutto la Bosana e la Semidana con un sapore fruttato intenso, gusto leggermente amaro e note erbacee complessive. Negli ultimi due decenni, nonostante la sua relativamente piccola produzione di olive, La Sardegna ha fatto investimenti sostanziali per migliorare le produzioni oleicole, raggiungendo elevati standard qualitativi e di crescita professionale e riconoscimenti. L’olio prodotto in Sardegna ha raccolto numerosi e importanti riconoscimenti in concorsi nazionali ed internazionali, ed è stato lodato da buongustai di fama mondiale. La chiave di questo successo risiede nella combinazione di territorio, varietà e tecniche di lavorazione. Terreno e condizioni climatiche ideali, le varietà locali uniche e distintive e tecniche di pressatura che conservano il sapore delle olive, producono un prodotto profumato e fresco, unico al mondo. Dal 2006, l’UE ha protetto gli oli della regione con il Protected Denominazione di Origine Protetta (DOP) etichetta “Extra-Vergine di Oliva dalla Sardegna” – DOP Olio extravergine di oliva di Sardegna.
TIPI TRADIZIONALI DI PANE “Saludi e Trigu” (Buona salute e grano), è un antico saluto sardo, un augurio di prosperità, l’accoppiamento di due elementi fondamentali della vita: buona salute e un granaio pieno, che simboleggia sostentamento. Alimento base di tutti i popoli del Mediterraneo, simbolo materiale di entrambi i riti pagani religiosi, il grano è stato coltivato in Sardegna dall’epoca nuragica e per secoli ha costituito un importante valore culturale e sociale nonchè economico per l’isola. La sua coltivazione composta esclusivamente di grano duro, è concentrata principalmente nella pianura del Campidano e la Nurra e in altri due territori di più antica e caraterizzante tradizione come Trexenta e Marmilla dove, sotto l’impero romano, i suoi abbondanti raccolti sono stati esportati anche al continente, ecco perchè l’isola veniva soprannominata il “granaio di Roma”. Oggi la produzione del grano duro di eccellente qualità è ancora una significativa risorsa economica per l’isola, e fornisce l’ingrediente base per diverse specialità alimentari locali, in particolare i vari tipi di pane tradizionale e pasta, il cui legame con il territorio sta diventando sempre più riconosciuta. Nel corso dei secoli, questa antica coltura di cereali è stata un elemento importante della vita sociale. Il mestiere di panificazione è intriso di tradizione che risale a migliaia di anni e che ancora oggi, grazie ad una cultura durevole, mantiene una forte continuità con il passato. In molte zone della Sardegna, la tradizione di fare il pane in casa sopravvive ancora, spesso utilizzando lievito naturale, noto come fermentarzu, cioè una porzione di pasta che viene conservato e custodita con attenzione da un cottura all’altra. La sera prima della lavorazione viene fatto rinvenire in acqua e impastato con un po’ di farina per costituire sa madrighe o madre, ossia il lievito che verrà utilizzato per la panificazione e che conferirà arami e gusto inconfondibili. I pani della tradizione sarda sono numerosissimi, dalla miscela di semplici ingredienti quali farina, acqua, sale e lievito madre, la massaia (sa men ‘e domu; nell’arco dei tempi è riuscita a creare e modellare quella moltitudine di pani che a seconda della cottura, forma e ricorrenza festiva e religiosa sono differenti da paese a paese. Pani quotidiani, festivi, rituali, cerimoniali, spesso di pregiatissima fattura e incredibile bellezza. Coccoi, cozzuta, carasau, pistoccu, zicchi, chibarzu, civraxiu, moditzosu, pillonca, dundas, pan’e scetti, pan’e simbula, pani biancu, lacia, civraxieddu tanto per citarne alcuni. Ma anche pani speciali arricchiti con strutto, patate, ciccioli, ricotta, cipolle, pomodori e ancora uova, mosto cotto, mandorle, noci miele e uva passa.
IL PANE SARDO La grande varietà di tipi di pane sardo può essere classificata secondo diverse qualità, come il tipo di farina, consistenza impasto, la lievitazione, il metodo di cottura. Tuttavia si può fare una prima generica distinzione tra pani a mollica soffice o compatta e quelli a sfoglia morbida o croccante. Al primo gruppo appartiene il moddizzosu, una piccola pagnotta rotonda con interno morbido porosa trovato sotto nomi diversi in tutto il isola. Un altro esempio è civraxiu o il pane del contadino, prodotti in pani grandi, arrotondati e con una base piatta, caratteristica del pianure e zone collinari del centro e del sud. Con mollica compatta e forme caratteristiche abbiamo invece il coccoi spesso realizzato in fogge artistiche impreziosite da merletti, creste e trafori attraverso il sapiente intaglio della pasta con rotelle, coltellini e piccole forbici. Tra pani a sfoglia morbida, solitamente circolare, troviamo la spianata di Ozieri detta anche pane fine e pan’e poddine e il caratteristico zicchi di Bonorva, utilizzato nella tipologia croccante per la preparazione del pan’uddidu e pan’a fittas, in cui il pane secco viene spezzettato, cotto in acqua bollente salata e condito con pecorino grattuggiato. Tra i pani a doppia sfoglia biscottata, anch’essi lievitati, abbiamo il pistoccu di forma rettangolare, più spesso e consistente, diffuso soprattutto in Ogliastra e il sottile carasau di forma circolare o semicircolare, tipico del Nuorese e della Barbagia. Il tradizionale processo di doppia cottura rende queste varietà molto particolari ed estremamente durature, un elemento essenziale caratteristico ed essenziale per i pastori che lo portavano nella loro bisaccia durante i lunghi periodi trascorsi lontano da casa con le loro greggi. Il Carasau è conosciuto anche con il nome poetico di ‘carta da musica’ a causa del suo caratteristico e distintivo aspetto simile a pergamena, ma anche per il suono che fa viene spezzato. Con il pane Carasau si prepara il tradizionale “pani frattau”, che si ottiene alternando fogli di pane, rapidamente immersi nell’acqua bollente, con salsa di pomodoro e pecorino grattugiato e adagiato sull’ultimo strato un morbido uovo cotto in camicia. Spennellando il pane carasau di olio extravergine di oliva e sale e scaldandolo al forno si ottiene invece il “pane guttiau” di speciale squisitezza pur nella sua grande semplicità. Il forte legame dell’antica alimentazione quotidiana dei sardi col pane, nasce in un passato lontano quando il moderno concetto di spreco era del tutto sconosciuto ed era abitudine consumare anche il pane raffermo, impiegandolo nella preparazione di saporite zuppe, gustosi primi e altre sostanziose pietanze. Sapori semplici, squisite memorie di antiche abitudini ancora presenti nella tradizione gastronomica sarda ad incantare e sorprendere i nostri palati.

LA PASTA Un altro prodotto tradizionale derivato dal grano duro è la pasta, grande protagonista sulle tavole sarde in un vasto e variegato assortimento di tipologie tanto da rendere difficile citarle tutte. Tra le più note troviamo i malloreddus con la loro caratteristica forma di piccola conchiglia rigata, fatti con semola, acqua tiepida leggermente salata e con l’aggiunta, nella tradizione sarda meridionale, di un pizzico di zafferano. Nel piatto Regionale tipico che li vede protagonisti sono preparati alla Campidanese con un ragù a base di salsiccia ed abbondante pecorino grattugiato. Altra specialità è la fregula, tipica del sud dell’isola e simile al cuscus africano. Viene tradizionalmente preparata a mano, nel caratteristico recipiente si terracotta (sa scifedda), mescolando e lavorando con i polpastrelli semola grossa e acqua, si ottengono dei piccoli granuli che lasciati asciugare all’aria e tostati vengono poi utilizzati in deliziose zuppe e stufati. Le lorighittas, particolare tipo di pasta lavorata ancora oggi con paziente abilità manuale a formare delle artistiche treccine chiuse ad anello, prodotta solo a Morgongiori, piccolo paese della Marmilla. Poi ci sono Andarinos, in forma di piccole spirali, i ferritus e i macarrones de busa, ottenuta attorcigliando piccole porzioni di pasta intorno ad un ferro da calza. Su filindeu, antica pasta secca della Barbagia, che solo poche donne sono ancora in grado di fare a mano, ottenuta tirando la pasta in fili sotilissimi che vengono disposti ad asciugare al sole in strati incrociati a formare quasi un tessuto. Tra le paste ripiene, il posto d’onore va ai ravioli di ricotta e spinaci o bietole e ai culurgionis (anch’essi ravioli ripieni) che nella versione Ogliastrina hanno al loro interno formaggio fresco, purè di patate e menta e sono facilmente riconoscibili per la tipica ed elegante chiusura della pasta a forma di spiga. Un altro alimento a base di pasta sono le panadas, torte salate cotte al forno, di varie dimensioni a seconda del loro luogo di origine. Queste torte a doppia sfoglia sovraposta e chiuse ai bordi contenenti succulenti ripieni di agnello in umido, anguille o verdure.
Food specialities from Sardinia
Nourritures de Sardaigne

Spero si ritorni presto alla normalità per lavorare anche con il turismo